Audizione commissione Libe su Dublino III

Oggi in Commissione LIBE (Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni) si è svolta un’audizione sull’implementazione del regolamento Dublino III (attualmente in vigore), perno intorno al quale ruota il funzionamento del Sistema europeo comune di asilo (CEAS). Si tratta del regolamento che stabilisce quale sia lo Stato Membro responsabile per l’esame delle richieste di protezione internazionale.

Nel corso dell’audizione sono intervenuti i responsabili delle unità Dublino di diversi Stati membri (Grecia, Germania, Svezia, Spagna e Italia ) che hanno fatto emergere
le problematiche comuni che riguardano sia la struttura del Regolamento di Dublino sia la sua pratica attuazione. Un sistema da rivedere, che scarica i maggiori oneri sui paesi di primo ingresso dove i richiedenti sono costretti a rimanere e a presentare la richiesta di asilo. Ciò comporta, conseguentemente, due fenomeni: i cosiddetti movimenti secondari dei richiedenti, ovvero gli spostamenti di chi non intende fermarsi nel primo paese di ingresso ma cerca di raggiungere quello dove intendeva inizialmente recarsi e il successivo trasferimento dei cosiddetti “dublinati”, cioè coloro che vengono riportati nei paesi europei dove erano arrivati ed indentificati per la prima volta. Un andirivieni che non giova nè a chi cerca protezione internazionale e ha già subìto violenze, persecuzioni, guerre, nè agli Stati membri che investono tempo, risorse umane e risorse economiche per accogliere le persone ed esaminare le loro domande.

Laura Ferrara – Commissione libertà civili, giustizia e affari interni

Sono emerse poi, per molteplici ragioni, differenze tra gli Stati Membri sia nel sistema di accoglienza sia nelle tempistiche e nelle procedure applicate, così come sono state rilevate differenze interpretative relative alle norme che riguardano la documentazione necessaria per i casi dei ricongiungimenti familiari e per i minori non accompagnati, poiché senza documenti e sulla base delle sole dichiarazioni orali spesso è difficile accertare età, legami familiari e dare avvio alle pratiche di ricongiungimento familiare in tempi ragionevoli.
C’è stato poi chi, come le autorità tedesche, ha dichiarato di essere a favore di un meccanismo di equa ripartizione delle responsabilità, purché si preveda un vaglio preventivo delle domande alle frontiere, in modo tale da non fare entrare sul territorio europeo chi non ha diritto.
Quest’ultima proposta comporta diversi interrogativi ai quali non è stata data risposta, ovvero come risolvere tutto ciò che riguarda gli aspetti logistici, procedurali e di competenza dell’esame delle domande.

Attualmente la riforma che era stata votata al Parlamento 3 anni fa rimane bloccata in Consiglio a causa della mancanza di una posizione comune su un meccanismo di ripartizione dei richiedenti asilo tra gli Stati Membri. È possibile che lo stallo rimanga, ed è probabile dunque che la proposta della Commissione europea per riformare il regolamento venga ritirata per presentarne una nuova. Faccio fatica ad immaginare che tipo di novità possa essere introdotta per convincere gli Stati membri riluttanti ad accettare un meccanismo di ricollocazione automatico ed obbligatorio: il nodo, ahinoi, non è giuridico o procedurale, ma squisitamente politico.

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